Pubblichiamo una parte dell’omelia tenuta in occasione dei festeggiamenti di S. Agnese

 

Mi permetto di offrire alla lettura dei sommesi una parte dell’omelia che ho tenuto sabato 19 gennaio scorso, in occasione dei festeggiamenti per Sant’Agnese, Patrona della nostra città.

Vorrei partire da una frase di Dietrich Bonhoeffer, grande teologo luterano nato in Polonia e ucciso nel campo di concentramento di Flossemburg il 4 aprile 1945: “Noi cristiani dobbiamo tornare all’aria aperta del confronto spirituale con il mondo”.

Sono stato colpito da questa espressione lapidaria di Bonhoeffer almeno per i seguenti due motivi:

Il primo. Guardando a questa nostra società è ormai evidente che siamo al cospetto di una disgregazione sempre più profonda del tessuto istituzionale, che ci chiama tutti in causa e non può non preoccupare chi ha a cuore il bene delle persone.

Le cause scatenanti sono diverse, le vediamo in modo evidente e qui mi limito ad accennarle:

  • c’è una progressiva scomparsa di adulti credibili con i quali le giovani generazioni dovrebbero misurarsi per la loro crescita, e questo a partire dalla famiglia stessa
  • tendono ad eclissarsi gerarchie di valori in grado di orientare il cammino di tutti e si fa strada un individualismo sempre più esasperato e un modo di vivere segnato sostanzialmente dall’indifferenza verso gli altri
  • prevale una logica del desiderio: si parla oggi di “deflagrazione del desiderio”, che sembra non avere più nessun ostacolo; non per niente diciamo che viviamo nella società dei “consumi”, nella quale conta solo appagare i desideri
  • avanza una malintesa concezione della libertà, quale superamento di ogni limite e quindi intesa come libertarismo
  • la realtà stessa viene oggi negata e sostituita da quella “virtuale” in cui ci si rifugia per non buttarsi nell’esperienza concreta e faticosa della vita; il fatto che in Italia 128mila giovani tra i 15 e i 25 anni non studino e non lavorino e stiano rinchiusi nella loro camera collegati ai social e ai videogiochi è di per sé spaventoso
  • ed infine (ma l’elenco potrebbe ancora continuare) assistiamo ad un imbarbarimento del linguaggio politico, che non rende un giusto servizio al bene comune e non indica con chiarezza il cammino da percorrere. Ha scritto Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio scorso: “Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità”

Ma vorrei accennare anche ad un secondo motivo rilevante per noi credenti. Se è vero che queste criticità a cui ho accennato preoccupano e non poco, occorre ricordare che la “madre” di tutte le crisi è di carattere spirituale. Le altre crisi ne sono una diretta ed eloquente conseguenza. Se viene a mancare una “visione alta” si genera un’identità spirituale sempre più fragile e inadeguata per poter cambiare lo stato delle cose, per offrire margini di miglioramento al nostro ordine sociale così deteriorato.

Ecco: “tornare all’aria aperta del confronto spirituale con il mondo” in cui viviamo, significa rifare il tessuto spirituale della società umana, oltre quel senso di smarrimento che ci prende tutti e che fa scomparire l’originalità del messaggio cristiano.

A noi spetta il compito – come discepoli di Gesù – di impegnarci ad elevare spiritualmente ogni persona che incontriamo, rinnovare i cuori, le menti, la volontà, per la costruzione di una nuova fraternità. In una parola: essere cristiani per la città. Afferma un teologo: “Per un cristiano il bene comune nasce dalla capacità di rendere socialmente visibile il contenuto morale della fede”.

L’Arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini, nel suo discorso per la Solennità di Sant’Ambrogio, così si esprimeva: “Occorre oggi riscoprire la cultura e il pensiero che danno buone ragioni alla fiducia, alla reciproca relazione, a quella sapienza che viene dall’alto. Insomma, siamo autorizzati a pensare… Come si dice abitualmente: per educare un bambino ci vuole un villaggio; così noi siamo convinti che per educare al pensiero civico e alle responsabilità di cittadini ci voglia una città che si esprima in modo comprensibile e faccia riferimento a valori condivisi”.

Cristiani così per la nostra città, che non indulgono alla sterile critica, che riflettono, che si informano (usando i media giusti) e si formano, che propongono un pensiero non banale ma ragionato, oltre la reazione immediata ed emotiva, che sanno andare in profondità oltre l’effimero e il banale.

Afferma Papa Francesco nella sua esortazione sulla “Gioia del Vangelo”: “I mali del nostro mondo e della Chiesa non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore. Consideriamoli come sfide per crescere. La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere”.

E’ quella gioia che ha sperimentato Sant’Agnese: ci aiuti ad essere “cristiani per la città”, veri testimoni della bellezza delle fede”.