Cari Lettori e care Lettrici, come qualcuno di voi già saprà, dalla fine di giugno, sono iniziate le visite in presenza (su appuntamento e mantenendo scrupolose regole) tra i nostri Ospiti e i loro famigliari.
Nonostante in un primo momento sia stato difficoltoso organizzarsi, prendere il ritmo e cercare di mantenere la calma, per noi animatrici è sempre un piacere assistere a scene di assoluta tenerezza, scambi di sguardi e parole che, da un anno a questa parte, potevano avvenire solo attraverso un vetro.
Una delle prime persone che ha preso parte a questo nuovo inizio è stata Elisabetta, figlia della Signora Redentina, alla quale abbiamo chiesto di raccontarci la storia di vita della sua mamma e della loro famiglia.
La sua lettera inizia così:

“Buongiorno a tutti,
mi chiamo Elisabetta e scrivo per farvi conoscere una persona a me molto cara, mia mamma, vostra concittadina da circa 10 anni e residente presso la Casa di Riposo “C. e V. Bellini”.
Redenta, questo è il suo nome, nacque a Villanova del Ghebbo (in provincia di Rovigo) il 22 luglio 1931. Seconda di otto fratelli, trascorse la sua fanciullezza tra Lendinara e Lusia ma, a causa della guerra, fu costretta a trasferirsi a Milano con tutta la sua famiglia.
Sin da piccola si è sempre data da fare per aiutare economicamente i suoi cari: ha fatto l’apprendista in un negozio di parrucchiere, la cameriera in un ristorante e la confezionatrice di sottaceti.
Il ballo è sempre stato una grandissima passione per lei e tutte le domeniche andava a ballare al “Ragno D’Oro” partecipando anche a delle gare e, molto spesso, vincendole.
È sempre stata una persona socievole e solare e ha sempre avuto tantissime amicizie e anche parecchi spasimanti dato che era una bellissima ragazza.
Intorno ai 20 anni, è stata assunta presso la Tecnomasio Italiano “Brown Boveri” come operaia e in questa sede ha trovato anche il suo grande e unico amore: un bel ragazzo biondo dagli occhi grigio-verdi, di 7 anni più grande di lei e che faceva il disegnatore tecnico. Il suo nome era Franco.
Il 24 agosto 1958 coronarono la loro storia d’amore nella Chiesa di Sant’Andrea. Mentre il 5 agosto dell’anno successivo diventarono i genitori della sottoscritta. Inizialmente abbiamo vissuto a Milano, per poi trasferirci a Rozzano, paesino a sud di Milano.
La nostra era la tipica famiglia del Mulino Bianco: mai uno screzio, sempre uniti in qualsiasi situazione e risolvendo tutto assieme. Le nostre ferie estive le trascorrevamo sempre nello stesso posto a Marebello di Rimini, nella pensione Pinuccia.
Purtroppo, però, la loro non è stata una storia dal lieto fine “…e vissero tutti felici e contenti”. Il 28 febbraio, all’età di 51 anni, il mio caro papà è morto a causa di un bruttissimo tumore che lo aveva colpito. Improvvisamente, mia mamma si era ritrovata da sola a mandare avanti la famiglia e a crescere me che stavo frequentando il primo anno del liceo classico.
Grazie al suo carattere forte si è subito data da fare, cercando un lavoro come collaboratrice domestica: l’unico che le avrebbe permesso di non lasciarmi sola troppo a lungo durante la giornata. Nel mio piccolo ho cercato di contribuire economicamente dando ripetizioni, facendo la baby sitter e, durante l’università, facendo le supplenze nelle scuole medie di Rozzano e Milano.
Nel 1990 e nel 1996 è diventata nonna di Vanessa e Marco e nel 2010 bisnonna di Franco. Li ha amati tutti e tre in ugual misura e non li ha fatto mai mancare nulla.
Dopo aver sconfitto per ben due volte un tumore al seno, ha dovuto gettare la spugna davanti al Parkinson e all’Alzheimer. Non potendo più vivere autonomamente nel suo accogliente appartamento, sono stata costretta a cercarle una nuova collocazione, inizialmente a Milano, e poi qui a Somma Lombardo.
Piano piano queste due subdole patologie si sono appropriate del suo corpo e della sua mente, cancellando i suoi ricordi e costringendola su una sedia a rotelle. Ha quasi sempre gli occhi chiusi e raramente li apre, non parla e i nostri incontri son fatti di grandi silenzi e di sguardi che a volte si incrociano. In queste rare occasioni, sul suo viso mi sembra di veder scorrere una lacrima: il cuore e l’amore di una mamma e di una nonna sono più forti della malattia.
L’amore non le manca: ha il mio, quello della mia famiglia, di tutto il personale della struttura che la ospita e magari adesso, dopo averla conosciuta, anche il vostro.
Tra qualche settimana sarà il suo compleanno e mi farebbe piacere immaginare che qualcuno di voi quel giorno la pensasse: sarebbe il più bel regalo di compleanno che le possiate fare.
Grazie di cuore a tutti”.

Dopo l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, questo per noi è il momento del RITROVARSI, del cominciare un nuovo percorso insieme, lasciandoci indietro la bruttezza e le mancanze di questo periodo e valorizzando il bene più prezioso che ognuno di noi dovrebbe avere: LA FAMIGLIA.