Natalia Ginzburg, in un suo articolo scritto per l’Unità il 22 marzo 1988 (“Quella croce rappresenta tutti”), così si esprimeva: “Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola. Il nostro è uno Stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso… A me dispiace che il crocifisso scompaia. Se fossi un insegnante vorrei che nella mia classe non venisse toccato… Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini, fino allora assente. È il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce, che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo”.
All’inizio dello scorso mese di settembre la Corte di Cassazione si è pronunciata in modo definitivo a riguardo del crocifisso nelle aule scolastiche, ponendo fine ad un estenuante dibattito sulla sua presenza o meno. “L’affissione del crocifisso – così si è espressa la Corte – non costituisce un atto di discriminazione nei confronti del docente che non la condivide. L’aula di una classe può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo”.
A partire sia dalla testimonianza della Ginzburg che dal pronunciamento della Corte di Cassazione, possiamo ritenere che la presenza del crocifisso non è per nulla discriminante, proprio perché l’identità culturale del nostro Paese è stata profondamente segnata da questo simbolo, che non favorisce l’esclusione di alcuno, ma permette al contrario di riconoscere la nostra identità culturale più profonda.
Pensiamo a quanto il cristianesimo ha fatto per immettere nella società occidentale i valori fondanti: la dignità della persona umana, il senso della sofferenza, il dono della propria vita per gli altri nell’esercizio attivo della solidarietà. Non c’è alcun dubbio sul fatto che il crocifisso, nella storia della cultura italiana, ha un’importanza che gli altri simboli non hanno; proprio perché i significati racchiusi nel segno della croce rappresentano indubitabilmente l’anima del mondo occidentale e non offendono nessuno; ma al contrario, se vengono ben illustrati, possono essere di incoraggiamento per tutti, indipendentemente dall’essere credenti o meno.
Un’interpretazione che pretenderebbe di cancellare questo simbolo religioso (ed anche altri) non è segno di vera laicità, ma di laicismo esasperato, ideologico ed errato anche dal punto di vista culturale.
Tra l’altro occorre ricordare che Il termine “laico” deriva dal greco “laòs” e significa “popolo”: per cui è autenticamente laico ciò che promuove ogni persona nella sua autenticità, nel rispetto dell’identità del singolo e nella convinzione che la dimensione religiosa (nel senso più ampio del termine) è connaturata all’uomo, è iscritta nel suo cuore.
Dunque il crocifisso nella scuola (ma anche in tanti luoghi di lavoro) è una vera ricchezza, è realtà di valore non solo per i credenti. Certamente chi crede riconosce in esso il segno dell’amore infinito di Dio per l’umanità: un amore che si è rivelato nella persona di Gesù Cristo. Ma questo non esclude che anche il non credente possa vedere nel crocifisso valori molto grandi: amore, speranza, responsabilità, accoglienza, perdono, bene comune…
Perciò il vero problema non è… toglierlo, ma spiegarne il significato che è valido per tutti e che può davvero favorire un’autentica fratellanza tra gli uomini.
Il prof. Massimo Cacciari su Repubblica (16/02/06) affermava: “A chi può dare fastidio quella povera figura? Quali libertà può ledere? Ma vogliamo scherzare? Via, un po’ di ragionevolezza! Non ha nessun senso togliere il crocifisso dalle aule scolastiche, dai luoghi pubblici. Gesù era un maestro di laicità; è la figura che nel modo più esplicito ha manifestato la libertà dell’anima spirituale di ciascuno. Se quella figura serve a concentrare l’attenzione su ciò che Gesù ha veramente detto, sul contenuto dei Vangeli, allora può diventare una presenza di grandissimo stimolo, di apertura mentale per tutti”.