SAREMMO STATI CAPACI DI FARE ALTRETTANTO?

A 73 anni dalla fine del conflitto e della Resistenza la raccolta di testimonianze è sempre più difficile. Rimane un imperativo: la necessità di ricostruire i percorsi di vita e le vicende umane dei ragazzi che si sono sacrificati per la nostra libertà.

 

Ricostruire fatti, percorsi di vita, vicende umane non è mai facile, soprattutto a distanza di tempo.

Sono passati 73 anni dalla fine del conflitto e della Resistenza per liberare il nostro paese dall’oppressione nazifascista; la possibilità di trovare oggi testimoni che possano aiutarci a raccontare di quel periodo si è quasi azzerata.

Devo dire che personalmente ho avuto, nel corso degli anni, la fortuna di incontrarne alcuni e non posso che esprimere gratitudine per le testimonianze che mi hanno reso, senza le quali le mie ricerche erano destinate a fermarsi.

Devo anche dire grazie agli autori di quei libri in cui ho trovato tracce delle persone su cui stavo conducendo le ricerche.

Questa pubblicazione inizialmente doveva narrare solo di Isaia Bianco, giovane partigiano di Somma Lombardo.

Il suo percorso esistenziale però si intrecciò con quello di un altro giovane partigiano che è Bruno Colombo, anche lui di Somma Lombardo.

A saldare le loro vite furono amicizia e ideali condivisi: si frequentavano quotidianamente, insieme maturarono la ribellione al fascismo e insieme furono arrestati.

La loro Resistenza era agli albori, non avevano ancora compiuto azioni, ma pagarono un prezzo molto alto per quella loro ribellione, al pari di altri che combatterono sui monti o in pianura, nei borghi o nelle città.

Tutti due furono fucilati, ma la morte li colse in luoghi diversi e divise il loro destino finale.

Oggi, a Somma lombardo, vie contigue portano i nomi di quei due giovani, una ricongiunzione ideale che ho deciso di seguire nella stesura di questa pubblicazione.

Scrivendo di loro, a un certo punto ho pensato: hanno dato tutto quello che potevano dare, la gioventù, la loro esistenza, la vita per una idea di libertà; e mi sono ricordato delle parole di una canzone di Fabrizio De André:

“Cos’altro vi serve da queste vite”.

Mi sono anche domandato: noi saremmo stati capaci di fare altrettanto?

Difficile rispondere e questa è una ragione in più per rendere onore a quei ragazzi che, con il loro sacrificio, hanno contribuito a far tornare nel nostro Paese la primavera.

Una primavera di libertà dopo un lungo inverno di guerre, dittature, sofferenze.