L’ampio respiro degli affreschi nel Castello Visconti di San Vito

Nel 1992 Alessandro Morandotti attribuiva gli affreschi del Castello Visconti di San Vito a Carlo Antonio Procaccini, fratello dei ben più famosi Camillo e Giulio Cesare, datandoli entro il 1609 mentre nel 2005, Andrea Spiriti optava invece per le botteghe dei Pozzo di Valsolda e Avogadro di Tradate. La spinosa questione sulla paternità del ciclo è rimasta irrisolta per assenza di prove stilistiche definitive, e in essa mi sono volutamente imbattuto quando, ho deciso di farne l’oggetto della mia tesi magistrale. La difficoltosa ricerca compiuta in questi mesi ha condotto alla luce, in primis, un interessante legame tra gli affreschi e il gusto artistico di Federico Borromeo; numerosi infatti, i soggetti e gli autori amatissimi dal cardinale qui replicati. Dall’Annuncio ai Pastori di Jacopo Bassano, all’Enea ed Anchise il cui modello raffaellesco fungeva da esempio di pietas filiale, sino ai moralissimi Eremiti dell’antichità. Ma se da un lato, questi altissimi echi riconducono al positivo concetto di copia promosso dal Borromeo durante la riforma delle arti nella Milano d’inizio Seicento, dall’altro temi quali I Sette Pianeti, Le Quattro Stagioni, Le Quattro Età dell’Uomo e Le Ore del Giorno (come già intuito da Morandotti), traghettano il ciclo verso un ambito totalmente fiammingo. Visionando così le numerose stampe nordiche pubblicate tra fine Cinquecento ed inizio Seicento, ho rintracciato quelle che funsero da modello per gli affreschi: le stupende incisioni di Crispjin van de Passe, Theodor e Philippe Galle e Adriaen Collaert (cfr. foto sotto), maestri di botteghe fiamminghe che ebbero discreta fortuna, sono pedissequamente riprodotte nelle sale del Castello visconteo. Questa straordinaria scoperta apre di fatto un nuovo scenario che mi ha condotto non solo a far slittare di qualche anno la conclusione del ciclo, ma ad escludere sia la grande bottega dei Procaccini per mancanza di originalità, sia i localissimi Pozzo e Avogadro, ignari di una così profonda cultura fiamminga. La paternità degli affreschi è piuttosto da ricercare in anonime botteghe lombarde avvezze nella decorazione di ville nobiliari, ma soprattutto aggiornatissime sulle stampe che, dalle Fiandre, circolavano con successo nello spagnolissimo Ducato di Milano.

Il nostro concittadino Lorenzo D’Ancona ha da poco conseguito la laurea in Storia dell’arte (votazione 110 e lode) con una tesi dal titolo: “Il punto sugli apparati decorativi del piano nobile del Castello Visconti di San Vito a Somma Lombardo”