Quando ci fermano a un posto di blocco è sempre un cinema, può succedere di tutto. Come quella volta a Lonate che a tutti i costi Alex voleva ricevere un bacio dal Carabiniere o l’altra volta a Varallo che ci fermarono mentre guidavo indossando una maschera da sub, messa per cercare di far ridere Alex visto che non era in giornata.
Nulla però mi ha più colpito di quel che è successo il 27 Gennaio in via dei Mille a Somma. Veniamo fermati per un controllo dai Carabinieri. Alex è un po’ nervoso e non è contento che ci abbiano fermati. L’agente mi chiede patente e libretto ed Alex inizia a gridare “a pendee a mamma? a pendee a mamma? a pendee a mamma?”, dondola freneticamente il torace avanti e indietro, picchiando con forza la nuca ogni volta contro l’appoggiatesta.
Lunotto e vetri posteriori sono oscurati, il Carabiniere cerca di guardare dentro attraverso il mio finestrino per capire cosa stia succedendo. Gli spiego che si tratta di mio figlio, che è autistico grave, che tutti i giorni lo portiamo in giro ore e ore in auto per tranquillizzarlo, e che non ama che si venga fermati.
La risposta dell’agente è sorprendente: “eh lo so, lo so, loro vogliono sempre andare, lo sappiamo, lo sappiamo bene”. Lo dice col sorriso e con lo sguardo felice, quasi da innamorato. Mi chiede “posso rubarle un minuto per effettuare il controllo dei documenti? Altrimenti se è un problema per suo figlio lascio stare e la faccio andar via subito”. “No no, faccia pure il controllo, non c’è problema”, rispondo io. Un minuto e l’agente torna al mio finestrino, mi allunga patente e libretto, e mi dice “può andare”.
Poi la sorpresa: infila un braccio attraverso il finestrino aperto e mi dà due pacche amichevoli sul petto, esclamando “forza”. Poi si allontana per fermare un’altra macchina. Metto via i documenti, riaccendo l’auto, e in quel momento mi accorgo che l’altro Carabiniere si era avvicinato e stava guardando Alex, ho incrociato il suo sguardo, stava quasi piangendo Guardava mio figlio con il viso annegato dalla commozione. Mentre ingrano la prima gli auguro una buona giornata, lui mi risponde “buona giornata anche a lei... e forza, mi raccomando”.
Sono rimasto sbigottito, piacevolmente sbigottito, era chiarissimo che sapessero bene con cosa si erano appena relazionati. E l’unico pensiero che son riuscito a formulare è che magari uno dei due fosse a sua volta padre di un autistico o che forse li avessero formati su come relazionarsi con un soggetto autistico. Comunque la loro delicatezza, la loro gentilezza, mi ha toccato dentro e son ripartito avvolto in una piacevole sensazione che mi fatto sentire meno solo e mi ha dato ancora più forza. Non nascondo che mi sono commosso.