Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata sabato 23 gennaio in occasione della Festa di S. Agnese

Non possiamo nascondere che quest’anno la Festa Patronale in onore di Sant’Agnese arriva in un momento molto delicato per tutti noi. L’intera società, le nostre comunità parrocchiali e tante famiglie sono oggi profondamente segnate da una crisi sanitaria, sociale ed economica che ha reso evidente, ancora una volta, le nostre vulnerabilità e fragilità davanti a situazioni inedite e preoccupanti che ci hanno completamente spiazzati e disorientati.
Ho trovato molto chiare queste parole pronunciate dal Presidente Sergio Mattarella nel suo messaggio di fine anno. Diceva così: “Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza. La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere e vorremmo tornare ad essere immersi in realtà e in esperienze che ci sono consuete”.
[...] Cosa fare, allora? Come possiamo andare avanti? Cerco di rispondere raccontando un aneddoto che ci aiuta a fare una lettura credente dell’attuale situazione che stiamo vivendo.
Mentre affrescava la Cattedrale di San Paolo a Londra, il pittore James Thornhill (1675-1734) a un certo punto fu preso da tanto entusiasmo per il suo affresco che, retrocedendo per vederlo meglio, non si accorgeva che stava per precipitare nel vuoto dall’impalcatura sulla quale si trovava. Un suo assistente, vedendo la scena e inorridito per ciò che poteva succedere, capì che un grido di richiamo avrebbe solo accelerato il disastro. Senza pensarci due volte, intinse un pennello nel colore e lo scaraventò in mezzo all’affresco. Il maestro, esterrefatto, fece subito un balzo in avanti verso il dipinto. La sua opera era rovinata, ma lui si era salvato.
Così fa Dio con noi: sconvolge i nostri progetti e la nostra quiete per salvarci dal baratro che non vediamo. Ma attenti a non ingannarci: non è Dio che con il virus ha scaraventato il pennello sull’affresco della nostra orgogliosa civiltà tecnologica! Dio è alleato nostro, non della pandemia! Questi flagelli non sono castighi di Dio come dice bene Sant’Agostino: “Essendo sommamente buono Dio non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene”.
Da credenti possiamo andare avanti anzitutto nella misura in cui ci incontriamo personalmente con Gesù di Nazareth: è l’unica cosa che può cambiare la vita e motivare un impegno duraturo nella Comunità pastorale, nella Parrocchia e nella famiglia. E il mezzo privilegiato per tale incontro lo conosciamo, è sempre lo stesso: l’annuncio della Parola, ma fatto nella potenza dello Spirito di Dio.
Da credenti possiamo andare avanti, poi, se ci rendiamo conto che siamo tutti necessari gli uni agli altri, anche se segnati da tante fragilità. Ce l’ha ricordato il nostro Arcivescovo mons. Mario Delpini nel suo ultimo discorso alla Città per Sant’Ambrogio, quando affermava: “Tocca a noi apprezzare come realistico, desiderabile e doveroso, vivere insieme con rapporti di buon vicinato; tocca a noi tutti, secondo le responsabilità e le possibilità di ciascuno, contribuire a costruire quella trama di rapporti che fanno funzionare il mondo e camminare come popolo verso il futuro. Tocca a noi, tutti insieme”.
Vorrei perciò lanciare un appello a tutte le persone di buona volontà: non chiudiamoci in noi stessi, non facciamo prevalere l’individualismo, il particolarismo, i distinguo, la critica inconcludente e sterile, la lamentela, la sfiducia, il pessimismo. Con coraggio, con l’aiuto del Signore, mettiamoci in gioco, facciamo la nostra parte, perché tocca a noi: tocca a noi tutti insieme costruire una società migliore e una comunità cristiana più viva e solidale.
La Chiesa e la testimonianza che ci offrono i Santi – Sant’Agnese in primis: lei una ragazza giovanissima che non ha avuto paura di andare incontro ad una morte cruenta – ci esortano a trovare sostegno nella speranza della fede, fondata su quel Bambino che è nato a Betlemme per la nostra salvezza. Il Figlio di Dio, entrando nella storia dell’uomo, ha saputo tradurre la sua compassione e il suo farsi carico per l’umanità, in azione, chinandosi sulle sofferenze e sulle fragilità, per mantenere alta la tensione al bene e la passione per la vita.
Alla nostra grande Patrona chiediamo di aiutarci a custodire, nutrire ed esprimere la fede che ci è stata donata nel Battesimo; a valorizzare la vita liturgica troppe volte distratta e abitudinaria; a impegnarci a ripassare “i fondamenti della fede”: il senso della preghiera, il valore dell’Eucaristia, il bisogno di comunità, la forza della carità; a prenderci cura gli uni degli altri, con una vera attenzione al cammino della comunità civile e alle necessità dei più poveri.
“La carità – hanno ricordato i Vescovi italiani – è la più grande delle energie rinnovabili, pulite, a partecipazione popolare e gratuita, con una capacità di diffusione illimitata, una trasmissione intergenerazionale inesauribile e una forza che scaturisce dall’unione tra credenti e non credenti. Sta a noi alimentarla con l’esempio, la testimonianza, la perseveranza, la preghiera”.
Ecco perché adesso tocca a noi, tocca a noi tutti insieme e non possiamo cercare alibi di sorta!
Diceva un poeta che si nutriva delle Sacre Scritture (William Blake, 1757-1827): “Ho cercato la mia anima e non l’ho trovata. Ho cercato Dio e non l’ho trovato. Ho cercato mio fratello e li ho trovati tutti e tre”. Sta qui la forza del principio di “fraternità”.
Sant’Agnese, vergine e martire della fede, ci guidi in questa direzione, illumini e sostenga il cammino della Parrocchia, della Comunità pastorale e della nostra Città.