Le aggregazioni politiche devono tornare ad interessare la collettività

 

Queste righe sono state scritte prima dell’esito referendario e, cari concittadini, le leggerete alla luce del voto. Comunque sia andata, l’esperienza di un’azione riformatrice, dopo almeno 30 anni di attesa, ci spinge ad una riflessione sul ruolo dei partiti oggi. Proviamo a tracciare qualche linea di pensiero. I partiti devono essere laboratori in cui si studia la contemporaneità. Un “oggi” sempre più complesso, più difficile da decifrare e da indirizzare, proprio perché il cambiamento procede ad una velocità inedita.

Nel dopoguerra, dopo l’era dei giganti politici, a partire dalla metà degli anni 70 e fino al 91, abbiamo visto una classe politica nata e invecchiata sugli scranni e con essa i temi da affrontare. Con la globalizzazione e i sette anni di crisi economica appena trascorsi, è cambiato tutto. I temi da affrontare si susseguono senza sosta e alla politica è chiesta una capacità di risposta che “brucia” le energie di chi vi si impegna. Alla luce di ciò, i partiti devono diventare luoghi dinamici ad elevata velocità, dove le migliori persone si passano la staffetta per portare un alto contributo al Paese. Devono diventare organismi con un sistema immunitario diverso dall’attuale che, non solo sappia debellare il malaffare, (condizione necessaria per amministrare ma non sufficiente), ma sappia individuare i leader e con le caratteristiche adeguate al momento; tutto ciò vale per le amministrazioni locali, come per il governo del Paese. Ma quali sono queste caratteristiche? Occorre vision, strategia e capacità esecutiva. La vision è la capacità di preparare il futuro a partire dalla contemporaneità. Ma occorre conoscere i fenomeni dei nostri tempi, entrarvi, studiarli e capirli. La capacità strategica deriva dalla conoscenza dell’oggi e di ieri: non ci si improvvisa leader politici, amministratori, guide di una comunità. La capacità esecutiva ha come culla le competenze: senza competenze tutto ciò che è vision e strategia rimane sulla carta. Con questo assetto cambia anche la disputa politica. Un codice interno dovrebbe essere trasversale: il populismo è tossico perché riduce la classe dirigente ai livelli più bassi con un percorso esattamente inverso a quello che dovrebbe imprimere a chi rappresenta. E così, nella relazione tra i partiti, nella dialettica fino alla polemica politica, occorre un nuovo codice di relazione, la capacità di usare la nostra magnifica lingua per dire le cose con chiarezza e sostanza puntando sempre, ripetiamo sempre, al merito. Nella nostra Comunità sommese, l’Amministrazione sta lavorando duramente per affrontare i molteplici problemi dei nostri tempi, da quelli locali a quelli generali, come l’immigrazione, la sicurezza, lo sviluppo del territorio e le necessità delle fasce di popolazione maggiormente colpite dalla crisi. Si rimane sbalorditi di come alcune trasmissioni “giornalistiche”, che ultimamente insistono sulla nostra città, piuttosto che fare informazione, alimentano la polemica. Crediamo che sia davvero arrivato il momento di un nuovo modo di procedere tra tutte le forze politiche, un modo che abbia in precisi codici di relazione, di condotta e di approccio ai temi, l’obiettivo di realizzare il bene comune. Perché il populismo è una pianta avvelenata che cresce in fretta, ma soffoca tutto.