Ce lo ricordiamo come si ricordano quegli snodi cruciali che punteggiano la vita. Quella sensazione di disorientamento di fronte alla dichiarazione dello stato di pandemia, una di quelle parole che sembra si leggano solo nei libri di storia.
L’importanza dell’inclusione sociale si manifesta principalmente in quei momenti, quando tutti, ma proprio tutti, e nello stesso momento, ci ritroviamo a porci la stessa domanda: “E adesso cosa dobbiamo fare?”
Per qualcuno le risposte sono arrivate immediatamente: regole, norme, restrizioni, chiusure, isolamento. Il mantra che abbiamo sentito ripetere per mesi. “Restate a casa”.
Per altri, invece, giorni di smarrimento. È stato così per i nostri servizi, per tutti i servizi che si occupano di persone con disabilità. E sicuramente non solo per noi.
“Come mai?”, ci siamo domandati. Forse non sanno quali indicazioni darci? O forse, nel tempo in cui ovunque ci si riempie la bocca con il concetto di inclusione, si sono dimenticati di noi?
A livello normativo, abbiamo dovuto attendere parecchio. Prima il decreto “Cura Italia”, non prima del 17 marzo, che ha imposto finalmente “misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie e imprese”. I nostri servizi diurni finalmente hanno capito di dover chiudere, come tante altre realtà prima di noi. Poi, a proseguire con nuove regole, il decreto “Rilancio” di maggio.
Queste le voci delle persone che appartengono ai servizi di Anffas Ticino.
Il Covid ha provocato in noi paura, ansia e stress emotivo. Abbiamo reagito cercando un adattamento alla situazione in atto, cercando di occupare il tempo nel modo migliore, nonostante l’impossibilità di uscire e di frequentare luoghi esterni come pasticcerie, bar, negozi. Reagire e adattarsi è stato possibile attraverso l’utilizzo del cellulare per effettuare videochiamate ad amici ed educatori. È stato utile anche attivarsi nello svolgimento delle faccende domestiche e occuparsi della propria casa e delle proprie cose. Oltre al cellulare, con il passare dei mesi, gli educatori a distanza ci hanno insegnato l’utilizzo del PC e delle piattaforme informatiche per effettuare collegamenti e trattare temi diversi tutti insieme.
Nel giugno 2020, quando il servizio diurno ha riaperto, ci siamo sentiti meglio, non ci potevamo credere. Sembrava tutto nuovo. Un vero passo verso la normalità, finalmente. Un vero e proprio ritorno alla vita. Al centro sono state attivate molte regole da seguire per la frequenza, un’organizzazione più precisa e rimodulata. Al nostro arrivo abbiamo trovato cartelli dappertutto e ne abbiamo prodotti di nostro pugno, per ricordarci sempre che non possiamo toccarci, dobbiamo stare a distanza l’uno dall’altro e dobbiamo sempre indossare la mascherina. La paura un po’ c’è sempre, perché chiunque può contrarre il virus, in quanto è un nemico invisibile e subdolo.”
“Io ho imparato a guardarmi attorno restando a casa, grazie all’uso del computer e ho scoperto quante cose belle ci sono intorno a me, guardando alcuni video e discutendone insieme ai miei compagni e agli educatori. Chiese, paesaggi, musei da visitare…Il mondo in cui viviamo è meraviglioso e tutto da scoprire.”
“Roberto Speziale, il presidente di Anffas Nazionale, ha sottolineato come l’isolamento sia un’aggravante della condizione di fragilità che condiziona milioni di famiglie. Per questo è importante sentirci parte di un unico, bellissimo mondo. Non solo noi siamo fragili, esistono anche gli anziani o i senzatetto, le famiglie che hanno perso il lavoro e si sono impoverite. Quello che ci resta è il valore della libertà individuale e di gruppo, è l’importanza dell’inclusione sociale e dell’amore per il prossimo, è l’aiuto che si può offrire a chi è più debole di te. Una mano che si tende.”
Riportiamo alcune interviste che abbiamo voluto effettuare ad una famiglia del nostro Servizio e alla Responsabile dei Servizi di ANFFAS Ticino.

Responsabile dei nostri Servizi di ANFFAS Ticino Onlus, Graziella Airoldi
Perché non ci hanno nominato noi servizi per persone con disabilità, in nessuno dei primi DPCM?
Riguarda tutti i cittadini a livello nazionale e non è possibile tenere conto dei singoli servizi. Con molto ritardo sono state emesse indicazioni per i nostri servizi dagli organi preposti quali Regione Lombardia e ATS Insubria, che ci hanno comunicato la necessità di chiusura dei nostri servizi. Sono stati necessari una serie di solleciti da parte nostra a ricevere tali indicazioni. Questo ritardo ha creato dei problemi nella comunicazione delle informazioni e negli accordi con le famiglie.
Secondo lei dei nostri servizi quale ha avuto più problemi?
Tutti anche se in misura diversa hanno avuto dei problemi ma il primo è stato senza dubbio il Servizio Diurno. L’attivazione della nuova modalità a distanza è stata complessa sia per gli educatori che per le famiglie. Nessuno si è arreso anzi si sono tutti messi in gioco rispettando le indicazioni anti contagio. Per il Centro Diurno è stato necessario produrre molta documentazione relativa alla riorganizzazione del servizio mentre per la Comunità Residenziale e il servizio Metto su Casa i problemi più importanti hanno riguardato la gestione delle persone, degli spazi di vita. Non da ultimo, nel mese di ottobre 2020 si è verificato un focolaio Covid con tutti i gravi problemi a esso collegati. I valori della speranza e dell’ottimismo sono sempre da tenere in considerazione, adesso siamo tornati alla normalità.
Attualmente cosa ne pensa della situazione del nostro servizio, ma anche in generale?
La pandemia Covid nessuno l’ha voluta e tutti dobbiamo continuare nel rispetto delle regole avendo ognuno la sua responsabilità.

Signora Palmizio Marilena
Come avete passato i quattro mesi in casa del lockdown?
Ci si è inventati dei lavori da fare per occupare il tempo. Francesco si sentiva un pesce fuor d’acqua non avendo nulla da fare oltre a questi lavori, poi finalmente si sono attivati i collegamenti con gli educatori. Questa possibilità di rivedere educatori e compagni ha permesso a Francesco di avere una giornata più organizzata e quindi dal quel momento ha smesso di sentirsi annoiato. Nel momento in cui si è potuti uscire di nuovo, il tempo lo si è dedicato alle passeggiate in mezzo alla natura con mascherine e guanti. Il poter uscire di nuovo ha rappresentato motivo di benessere per la nostra famiglia.
Quali problemi avete avuto in questa situazione?
Il problema più grosso per Francesco era la sospensione della frequenza del centro. Il centro ha riaperto a giugno, ma abbiamo deciso di non farlo frequentare in presenza perché con il caldo avrebbe avuto problemi a indossare la mascherina. Si è calmato perché ha avuto la possibilità di uscire di casa e scegliere dove andare nel verde, nella natura, decidendo ogni giorno un itinerario. Gli educatori hanno iniziato a lasciargli dei compiti rispetto alle sue uscite: realizzare delle fotografie anche in relazione al tema dell’ecologia. Un altro grosso problema per Francesco è stato non poter avere un contatto fisico con le persone a cui vuole bene.
Prima le attività a distanza non c’erano, poi a poco a poco sono state attivate, è andata meglio per Francesco?
È andata molto meglio essendo Francesco tecnologico, per lui è stato un successo e si alzava al mattino chiedendo con chi fosse in collegamento, rappresentava qualcosa di importante.
Cosa vorrebbe dirci?
Noi possiamo ritenerci fortunati, avendo il cellulare e il computer e grazie all’aiuto di sua sorella, Francesco si è potuto da subito abituare alla nuova modalità di collegamento. Il Governo ha aspettato troppo. Le persone con disabilità come Francesco hanno bisogno di routine, abitudine e compiti durante la giornata. Le famiglie si sono un po’ arrangiate nell’interpretare i Dpcm. Ora che il servizio ha riaperto, voglio fare i complimenti a tutti educatori e ragazzi per il rispetto delle regole.