L’unica soluzione è demolire e conservare poche porzioni

Cari lettori, nell’augurarvi una buona pri­mavera, torno a scrivere sul nostro giorna­le; per questo numero ho deciso di raccon­tarvi la brutta storia delle Fattorie Visconti; infatti ritengo molto importante che i miei elettori e i futuri potenziali elettori di Som­ma Sì sappiano come girava, come gira e come girerà il fumo sulla vicenda Fattorie Visconti.

La storia inizia nel 1801. Il generale Napoleone dà l’incarico all’ing Nicolas Céard di sviluppare un progetto per la costruzio­ne di una strada con l’obbiettivo di superare comodamente le Alpi per collegare Parigi con Milano. L’intento era quello di far muovere agevolmente la sua artiglieria.

Nel giro di 7 anni il tracciato, di circa 900 km, fu eseguito e reso percorribile. (altri tempi, senza ruspe e camion) Il percorso fu chiamato la Napoleonica. Il cantiere arrivò alle porte di Somma nell’anno 1808. Attualmente per avere il permesso di costruire una recinzione nel nostro comune facente parte del Parco Del Ticino servono minimo 6 mesi.

Detto questo, salta subito all’occhio che molte cose non fun­zionano. Superato il torrente Strona, il tracciato passava ai pie­di del castello, tagliando la proprietà Visconti, emarginando le Fattorie, ed eseguendo molte demolizioni. I Visconti, venuti a conoscenza del tracciato, fecero opposizione, senza nessun ri­sultato. Le fattorie erano state relegate dal comparto castello, come si evince tuttora ritenute fin dall’ora un accessorio non indispensabile.

La rivoluzione industriale era iniziata e aveva trovato ingegno e forza lavoro a casa nostra facilitata anche dal terreno arido della nostra zona che ci circonda (brughiera). La laboriosità dei nostri bisnonni fece nascere molti marchi in vari settori tanto da guadagnarsi una fama mondiale, in quanto tutt’ora sono ri­conosciuti. Veniamo ai nostri giorni. Nel consiglio comunale del 24 /02/2022, riguardo alla delibera “Acquisizione al patrimonio comunale del complesso Fattorie Visconti”, il mio voto è stato contrario; infatti non condivido le telenovele dello sperpera­re soldi pubblici nascondendosi dietro direttive e fantomatici finanziamenti da parte del Ministero dei Beni Architettonici e Culturali. (le solite buffonate romane) Le Fattorie sono state og­getto di compravendita, di perizie di progetti perpetrati dalle amministrazioni susseguitesi nel tempo; mi sento di dire che tutto questo fa parte dei giocattoloni amministrativi che confe­riscono incarichi a professionisti nei periodi elettorali e non, più per pagare parcelle che per arrivare a mirati obbiettivi.

È sotto gli occhi di tutti come sono conciate Fattorie; imbarcarsi in un’avventura di sistemazione con i vincoli imposti dalla So­vrintendenza è come dare biscotti agli asini. Non voglio che i Sommesi pensino che io sia un barbaro dove voglio distruggere tutto, ma vi voglio ricordare che a Roma i danni più grossi li fe­cero i Barberini e non i Barbari, dilapidando le casse della città.

La mia idea che vorrei sia condivisa da molti di voi è quella di attivare delle demolizioni di alcuni corpi, lasciando delle testi­monianze. Inoltrarsi a pensare di ristrutturare il tutto ottempe­rando alle direttive della Sovrintendenza è come porre un giogo infinito ai sommesi; l’idea poi di fare un museo dell’agricoltura proprio è fuori luogo in quanto non rientra affatto nelle vocazio­ni del nostro territorio.

Mentre altri territori anche lombardi vivevano di agricoltura, i nostri nonni costruivano aeroplani, producevano coperte e vel­luti riconosciuti in tutto il mondo: vi risparmio i conti proposti dall’amministrazione: una vera follia. È giunto il momento di non sperperare risorse economiche ma di alleviare i cittadini dalle già gravose imposte comunali.

Alberto Nervo