Malpensa dopo il Covid

Che futuro si prospetta per Malpensa dopo il covid? E’ evidente che il settore del tra­sporto aereo, esce da questa pandemia con le ossa rotte, come tanti altri settori nel nostro paese. Abbiamo già sentito par­lare di Masterplan 2035 ed abbiamo sen­tito perciò le intenzioni della società che gestisce l’aeroporto, ma ad oggi non abbiamo ancora sentito cosa pensi veramente la politica locale, provinciale e regionale del futuro di Malpensa. Questo silenzio inizia a far rumore, ci sembra sempre più evidente che le amministrazioni locali si rivolgano all’interlocutore sbagliato: non è dialogando con i manager di turno di Sea che si potrà affrontare il problema sul futuro di Malpensa.

SEA costruisce e gestisce aeroporti, pertanto non ci deve scan­dalizzare il fatto che nel suo masterplan ci sia l’ampliamento dello scalo, ci scandalizza al contrario che non ci sia un master­plan politico su Malpensa. Spesso si parla di piano d’area re­gionale, tra l’altro scaduto. L’assessore all’Ambiente e Clima di regione Lombardia, Raffaele Cattaneo, nel maggio 2021 parla­va di un Piano territoriale di coordinamento provinciale di Va­rese che avrebbe riguardato anche l’area intorno a Malpensa.

Di ciò non abbiamo notizie, ma intanto il tempo passa, gli anni passano, i problemi rimangono gli stessi e la situazione per i comuni limitrofi peggiora. Le opere compensative non sono mai state realizzate, le conseguenze ambientali e sociali peg­giorano.

La costruzione dell’aeroporto di Malpensa è stata finanziata anche con soldi pubblici. Il costo complessivo del Progetto Malpensa 2000, secondo stime compiute da SEA, risultava pari a circa 1.990 miliardi di lire. Lo Stato, mediante l’Atto Ag­giuntivo alla Convenzione 4014 del 16.12.1986 stipulata con la SEA , prevedeva, attraverso i fondi messi a disposizione dalle leggi 449/85 e 67/88, un finanziamento per la costruzione del­le opere pari circa a 850 miliardi. Questa premessa ci suggeri­sce alcune riflessioni:

1. Se la costruzione è stata possibile grazie anche al denaro pubblico, il ritorno in termini economici e sociali deve ricadere anche sui territori dove lo scalo opera.

2. SEA è sempre stata una società sana, che ha sempre ridistri­buito utili ai suoi azionisti e questo grazie anche alla costruzio­ne di Malpensa 2000, pertanto è necessario che il primo in­terlocutore sia il comune di Milano, azionista di maggioranza.

Non possono essere interlocutori i manager di SEA, ma i loro datori di lavoro. Chiediamo pertanto che il comune di Milano inizi ad assumersi le proprie responsabilità politiche e non solo ad introitare gli utili prodotti dalla sua partecipata, fatti anche sfruttando il nostro territorio.

Sfruttamento non significa solo sfruttamento del suolo, ma anche sfruttamento sociale. Il peggioramento non è solo am­bientale, ma è anche nella qualità della vita. L’aeroporto di­venta sempre più spesso una tappa di breve passaggio per i nostri giovani anziché un’opportunità duratura. La società esercizi aeroportuali ha un’età media dei suoi dipendenti di 42 anni. L’ultima campagna di assunzioni è datata 1998. Oggi si entra a lavorare in aeroporto solo tramite agenzie interinali, con contratti a tempo determinato, con condizioni lavorative e salariali che rasentano lo sfruttamento.

Tutto ciò non è accettabile. Ci chiediamo quale sia il pensiero del Sindaco Sala e cosa ne pensino i partiti e le liste che sosten­gono il suo secondo mandato.