Destinazione inferno

20 giugno 1944. Campo di concentramento di Fossoli: baracca 17

Siamo alla vigilia di un tragico evento: la deportazione a Mauthausen di 475 internati; però loro, i detenuti, ancora non sanno la destinazione e chi partirà.

La notte si prospetta carica di incognite; i pensieri corrono ai genitori, alle fidanzate o mogli, ai figli, e si fanno pesanti.

Nella baracca 17 ci sono i prigionieri politici; in tanti sono arrivati a Fossoli passando da San Vittore o da altri luoghi di prigionia dove, senza nessuna pietà, sono stati sottoposti a tortura.

Di quelle violenze portano ancora i segni: tatuaggi profani incisi sulla pelle.

Fossoli, nonostante le dure regole e paragonato a quanto avevano dovuto sopportare prima, sino ad allora era stata una parentesi d’attesa tutto sommato tranquilla.

Ora però la notizia del trasferimento riapriva ferite e risvegliava paure.

Nella baracca, alcuni, per cercare di star via con la testa giocano a carte, ma è un debole palliativo. Meglio cercare, per quanto possibile, di dormire; ad uno ad uno si spostano verso i pagliericci.

Solo Mario (Bonfantini) resiste; anche i suoi ragazzi, tra cui alcuni di Somma Lombardo: Isaia (Bianco), Carlo (Mossolani) sono andati a cercare riposo.

Mario su quei giovani esercita una vocazione quasi paterna.

Lui, da tempo, ha deciso che in Germania non ci andrà e tenterà di cambiare il proprio destino; anche Isaia voleva fare altrettanto.

“Dai, tagliamo la corda”: così gli aveva detto una sera; al che Mario aveva risposto che si rischiava troppo, meglio tentare la fuga durante il trasferimento. Non si sapeva con certezza, ma si intuiva che il loro destino non era di rimanere lì.

21 giugno: mattino, Fossoli area esterna alle baracche

La scelta è stata fatta, sul viale del campo vengono raggruppati i detenuti prescelti: sono prigionieri italiani, ma anche ebrei con famiglie al seguito; circa quaranta sono della baracca 17. Estenuante è l’attesa ma le guardie scarseggiano e il folto gruppo si scompone.

Ai margini del viale i bambini, giocando, inventano innocenti evasioni; gli adulti stemperano il freddo di quel destino sospeso con parole che parlano d’altro.

Compare un autobus, nero con alcune piccole aperture verso l’alto: un presagio di lutto violenta i pensieri.

I primi a partire sono gli ebrei; arriva poi il turno del gruppo di Mario, ma Isaia non c’è.

L’intravede in lontananza e con alcuni gesti lo richiama; lui pero non comprende e si attarda a parlare con gli altri.

L’autobus parte senza Isaia e il loro destino si divide, non si rivedranno più e il progetto di fuggire insieme svanisce.

Arrivati alla stazione di Carpi vengono rinchiusi nei vagoni di un treno merci. Durante il percorso Mario, con l’aiuto dei compagni, attraverso una piccola apertura, esce dal vagone e si porta sul terrazzino posto tra due carrozze; da lì, nel buio della notte, prende coraggio e salta.

E’ ferito, ma si rialza e inizia il suo percorso verso casa. Tornato in Piemonte, rientra nella Resistenza. Finita la guerra, racconterà della sua fuga nel libro “Un salto nel buio”.

Bianco Isaia, poche settimane dopo, verrà fucilato a Linz dai nazisti.

Se Bianco Isaia quel giorno non si fosse attardato, se fosse rimasto vicino a Mario, nello stesso vagone di quel treno in corsa verso l’inferno, quel salto nel buio l’avrebbero fatto insieme.

Ermanno Bresciani

 

(Bianco Isaia)