A tutti noi è capitato di recitare quella filastrocca scioglilingua che cosi dice: "Apelle figlio di Apollo, fece una palla di pelle di pollo…" Sappiamo che apollo, nella mitologia classica, era un dio bellissimo, figlio di Zeus e Latona e gemello di Diana (Artemide). Immortalato dai grandi scultori Scopa, Prassitele, Leocare e venerato dai greci, etruschi, e romani. Suoi attributi: l’ arco, le frecce, la cetra. Dio della luce, della musica, della poesia, maestre delle muse, arciere punitore, auriga del carro del sole, allontanò ogni male e personificò l’ eterna giovinezza.

Nel parlare corrente il dio è citato ad indicare la bellezza giovanile: sei bello come un Apollo.

Ma chi era invece Apelle?

Un grandissimo pittore greco vissuto nel 4 secolo prima di Cristo (2350 anni fa) Allievo di Panfilo Amfipoli, fu il ritrattista personale di Alessandro Magno.

Molti aneddoti su di lui. Innamorato della precisione esponeva i quadri su di un balcone e nascosto, ascoltava le critiche dei passanti. Un ciabattino criticò i sandali da lui disegnati a una figura e subito Apella si precipitò a correggerli, ammonendo però il ciabattino a limitare la sua critica alle sole scarpe.

Celebrato dagli antichi per i suoi ritratti, quadri allegorici, figurazioni mitiche, influenzò sicuramente i pittori romani.

Dice Plinio: "un dipinto di Apelle si vendeva per una somma uguale a quella contenuta nelle casse di una città … superò tutti gli altri pittori che lo precedettero e lo seguirono … da solo diede un contributo alla pittura maggiore di quello di tutti gli altri riuniti".

Nel suo tempo viveva un altro esimio pittore che era Protogene di Rodi.

Al contrario di Apelle, trascinava l’esistenza in povertà ed Apelle decise di fargli visita per aiutarlo. I due artisti certamente si stimavano, ma di quella stima pervasa di antagonismo e di "gelosia di mestiere" , sentimenti che moti secoli dopo, troviamo tra Leonardo e Michelangelo.

Protogene non era nello studio e Apelle, in risposta alla domanda della domestica che chiedeva chi fosse, impugnato un pennello tracciò su una tela un profilo di straordinaria bellezza. Al suo Protogene, visto il disegno capì che solo Apelle poteva esserne il pittore e tracciò a sua volta un segno ancor più sottile entro quello disegnato.

Apelle tornò, si meravigliò della bravura dell’ ancor assente Protogene e tracciò tra le due linee, una terza di tale bellezza ed eleganza che Protogene, quando la vide, si confessò battuto.

Il pannello, considerato un grande capolavoro, si tramandò di generazione in generazione. Fu acquistato ad un certo punto addirittura da Giulio Cesare e bruciò nell’ incendio che distrusse il Palatino.

Apelle conquistò il riconoscimento di tutto il mondo greco, con la raffigurazione di Afrodite sorgente delle acque.

Alessandro lo chiamò e posò per numerosi ritratti. Non rimase però soddisfatto di come il pittore avesse raffigurato il suo prediletto cavallo Bucefalo in uno dei dipinti. Fece condurre l’animale vicino al quadro per un confronto e Bucefalo nitrì: "il cavallo di vostra Maestà sembra conoscere la pittura meglio di voi", commentò Apelle.

Alessandro non ne ebbe a male, anzi incaricò l’ artista di ritrarre la sua concubina favorita. Apelle se ne innamorò e la ebbe in dono dal re.

Usava stendere sui quadri un sottile strato di vernice che preservava ed addolciva le tinte. Lavorò fino alla fine e morì mentre ancora stava abbozzando una figura dell’ eterna Afrodite.

Della sua opera nulla ci rimane, cancellata dal tempo.

Apelle figlio di Apollo: l’ accostamento è più che veritiero. Apelle figlio del dio della luce e della bellezza!

 

a cura di: Ennio Cosentino