C’era in Somma Lombardo un luogo antichissimo del quale qualche volta se ne parla ancora ma nessuno o quasi conosce la sua storia: il Cimitero di Santa Fede, un luogo che recentemente è venuto alla ribalta, ovvero all’onore della cronaca, interessando i cittadini sommesi per la sua macabra curiosità.
Di questo cimitero situato accanto alla piazza Vittorio Veneto la popolazione sommese ne era all’oscuro poiché quest’area non solo era recintata e quindi poco visibile, ma era diventato un orto recintato (in dialetto loeugh), dove si produceva sia frutta sia ortaggi.
Nel cimitero di Santa Fede i primi inumati lo furono a livello della piazza ovvero del pavimento della chiesetta di Santa Fede (poi S. Agnese, quella prima della Basilica Minore Romana di oggi), come risulta dai sette scheletri interi a braccia conserte trovati integri, ma nient’altro “più sotto”.
In seguito, lungo il trascorrere dei secoli, “sopra” questi inumati, furono seppelliti altri cadaveri e, ricoperti questi, altri ancora, e ancora. Infine mettendo altro terreno, si finì col formare un bel orticello.
Per saperne di più sulla storia di questo cimitero mi sono rivolto a quanto scritto da Lodovico Melzi in: “Somma Lombardo, storia, descrizione e illustrazioni”, cap.lo II, pagina 103 e seguenti. “Di fianco alla chiesa v’ha un cimitero murato e il campanile con campane. Chiudono lo spazio dietro la chiesa tre case pressoché diroccate per ricoverare i canonici che cantano in coro nelle festa alla messa e qualche rara volta a vespero. (...)
Mi resta a parlare di quel giardinetto che vedasi tuttora in fondo alla piazzetta sul lato destro della chiesa. Era qui dove raccoglievansi i resti dei nostri maggiori, allorquando le tombe nell’interno della chiesa non bastavano a contenerli. Malgrado le prescrizioni di Giuseppe II intorno al trasporto dei cimiteri fuori dall’abitato, continuò nelle nostre campagne l’uso dell’ossario aperto accanto alla chiese, ed a tal uopo servì per qualche tempo presso di noi una cameruccia dietro l’altare della Madonna; tramutato poi dove oggi lo vediamo. So che molti biasimano quest’usanza dei nostri vecchi, ma il costume è tanto antico che perciò solo merita rispetto.
Licurgo fra le altre leggi prescritte ai Lacedemoni, vi pose anche questa: “Che le sepolture dei morti fossero in mezzo alla città e nelle “piazze più frequentate, acciò i cittadini, costretti a passare da quei luoghi, apprendessero virtuosi costumi. Oggi considerazioni non altrettanto morali, ma più igieniche, ci hanno allontanati dai nostri cari”.

Due parole sulla “Porta del Paradiso”. Secondo quanto raccontato sia dal Melzi sia da A. Bellini, essa ornava l’ingresso di un oratorio dedicato a Santa Fede, il quale sorgeva accanto alla Chiesetta di Guilizione e alla sua sagrestia (poi di S. Agnese demoliti anteriormente il 1646), per fare posto all’attuale che qualche anno fa, ha assunto l’onore di essere elevata al rango di Basilica Minore Romana,
Pare dunque che questo oratorio di Santa Fede abbia funzionato da chiesetta durante il periodo di costruzione dell’ultima S. Agnese, e che questo oratorio fu adibito a sala mortuaria o vestibolo del vicino cimitero. Per entrare in quest’ultimo si doveva passare dalla “Porta del Paradiso”, nome ben augurante per quelli che colà andavano a giacere in attesa “dell’ultimo giorno”.
Di seguito una sequenza di foto scattate da me durante lo “sbancamento del Cimitero di Santa Fede.
Dopo l’abbattimento del muro divisorio e contenimento, si potevano vedere le povere ossa dei sepolti a strati frammisti alla terra. Ricordo i fedeli che uscivano dalla chiesa dopo la funzione religiosa, nel passare erano un pochino impauriti facendosi il segno della croce, e forse per maggior sicurezza, toccavano qualche talismano.
Furono usati mezzi pesanti per abbattere il muro di contenimento poi, per iniziare gli scavi partendo dall’alto, togliendo lo strato di terra coltivata per quanto il braccio della ruspa permetteva. Proseguendo nello scavo si usarono attrezzi manuali onde prelevare le povere ossa umane provenienti dalle sepolture nella chiesa vicina, sino ad arrivare ai primissimi sepolti cioè i sette scheletri trovati interi.

Alla fine, dopo accurata scernita delle ossa, separando femori ed altre grandi ossa dalle piccole o semplici frammenti che furono inumati al Cimitero di Somma Lombardo, si procedette asportando con le ruspe il rimanente terriccio caricandolo poi su un grosso camion che fece diversi viaggi alla cava Bonini per scaricare il carico.